I sistemi criminali mondiali

di Davide de Bari

Credo, basandomi su fatti, che grandi nazioni mondiali usano la criminalità organizzata, tramite i servizi segreti, per i lavori sporchi”. E’ con queste parole che il direttore di ANTIMAFIADuemilaGiorgio Bongiovanni ha parlato, in un’intervista al programma argentino GPS di Canale América 24 condotto dal giornalista Rolando Graña, della realtà delle mafie e della loro infiltrazione. “Oggi il grande pericolo è che le mafie si stanno infiltrando nella comunicazione e nei giornali. Hanno comprato centri commerciali giganteschi, in particolare in Sicilia. La mafia è in borsa così come è all’interno di grandi club di calcio e in grandi banche internazionali. Dunque, questo può alterare le democrazie. Per questo ho il sospetto, basato su indagini giornalistiche giudiziarie, che la mafia è un braccio armato di grandi nazioni del mondo”. Continuando a spiegare cosa siano stati questi “lavori sporchi” svolti dalla mafia, il giornalista ha detto: “Nel sequestro di Aldo Moro, oltre ai terroristi, c’erano dei mafiosi. Stessa cosa con l’attentato a Borsellino: furono i mafiosi a premere il pulsante che fece detonare la bomba, ma c’erano i servizi segreti di mezzo. Abbiamo documenti che mostrano un carabiniere prendere la valigetta di Borsellino dove era contenuta la sua personale agenda rossa dove si annotava tutto. Questi è stato indagato ma poi venne assolto davanti al Gup di Caltanissetta”. Bongiovanni ha anche parlato dei mandanti esterni che ci potrebbero essere stati dietro la strage di via d’Amelio: “Si sta ancora indagando. Tutto quello che è stato scoperto è solo l’esempio a dimostrazione del fatto che i servizi segreti italiani sarebbero stati coinvolti nella strage. Esisterebbe un accordo in Italia che afferma che l’intelligence italiana dipende da quella americana della CIA. Quindi se in una delle stragi più grandi della storia italiana, la strage Borsellino, abbiamo la prova giudiziaria che avrebbero partecipato anche i servizi italiani, potrebbe stare a significare che anche gli americani c’erano di mezzo“. Proseguendo sempre sui rapporti tra mafia e Stato, il direttore ha detto: “In Italia c’è stato un patto tra lo Stato e la mafia, la cosiddetta trattativa. E’ stata scoperta da un grande magistrato come il dottor Nino Di Matteoinsieme ad altri magistrati come Vittorio TeresiFrancesco Del Bene e Roberto Tartaglia, è riuscito a portare alla luce l’accordo che ha permesso alla mafia di avere protezione di alcuni uomini dello Stato. La mafia ha avuto curiosamente, in quasi 200 anni, la protezione dello Stato, e per questo superò il limite convertendosi in uno Stato dentro lo Stato”. Bongiovanni si è poi chiesto il motivo per il quale le organizzazioni criminali, nonostante i propri rappresentanti malavitosi “cadano”, o a causa dell’autorità giudiziaria che li arresta, o causa delle violenze interne, queste “continuano ad esistere”. “La cosa più impressionante è la ricchezza di gente che quando ha iniziato la propria carriera in Cosa Nostra non aveva un soldo e poi è diventata immensamente ricca, ciò significa che qualcuno in Italia lo ha permesso. E questo qualcuno è stato una parte dello Stato italiano, codardo e corrotto. Per questo ora dobbiamo convivere con questo problema“. Parlando di ‘Ndrangheta, Bongiovanni ha poi spiegato trattarsi di “un’organizzazione costituita da vari livelli al cui vertice c’è un sistema chiamato ‘La Santa’. Un livello invisibile dove ci sono al suo interno mafiosi di alto rango, massoni, politici, religiosi, banchieri e personaggi dello Stato“. Il direttore ha poi spiegato che “prima i politici si facevano corrompere dalla ‘Ndrangheta“, ma adesso “fanno parte di essa“. Quindi ha citato gli esempi del senatore Caridi che è sotto processo per associazione mafiosa. O lo stesso Marcello Dell’Utri che ha ricevuto una condanna definitiva per associazione mafiosa. Quest’ultimo “aveva fatto patti con Cosa Nostra e ha fondato il partito Forza Italia insieme a Silvio Berlusconi”. “Tutto questo ha permesso ai mafiosi che alcuni politici collusi facessero delle leggi a loro favore. Leggi serie contro la mafia non sono mai state applicate con severità“. Secondo il giornalista “si arrestano i soldati della mafia o quelli di un rango un pò superiore, ma la zona invisibile non si tocca. Questo è il patto e questo è ciò che la mafia è riuscita a raggiungere in questo momento“.

Mafia e imprenditoria
Il Direttore di ANTIMAFIADuemila si è poi soffermato sul fertile terreno dell’imprenditoria dove la mafia, da sempre, affonda le proprie radici. “La criminalità organizzata cerca imprenditori di successo e quelli che stanno fallendo” ha affermato Bongiovanni che poi ha continuato: “Oggi la fortuna della criminalità organizzata è la crisi economica. L’unica organizzazione al mondo che ha liquidità è la mafia, ormai neanche le banche possono assicurare tale cosa. Quindi è molto probabile che le banche stesse hanno bisogno di denaro“. Per far comprendere meglio, il direttore ha fatto un esempio: “Un grande imprenditore italiano che vende la pasta non aveva soldi e stava fallendo. Per questo si è rivolto a un boss che gli ha dato cinquanta milioni di euro. Una cifra più grande di quello che gli aveva chiesto, ma il mafioso gli chiese in cambio di diventare socio in affari. Non esiste una banca che possa privarsi di una cifra così grande di denaro in così poco tempo per un prestito senza battere ciglio“.

La connesione con l’Argentina
Il rapporto tra mafia italiana e i narcos sudamericani? “La relazione è molto stretta. – ha spiegato Bongiovanni – La mafia italiana ha il monopolio del traffico della cocaina nell’emisfero occidentale e si sta espandendo in quello orientale. L’80% del traffico di droga lo possiede la mafia italiana“. Per il giornalista il rapporto tra la mafia e i narcos risale agli anni ’60, quando per i narcotrafficanti di droga Cosa Nostra era affidabile. “Pablo Escobar – ha spiegato – riceveva ‘lezioni’ dalla mafia, la imitava ed ammirava Totò Riina. L’affidabilità della mafia italiana è tale che se questa chiede un quantitativo di droga ai produttori sudamericani, questi la consegnano in accredito, ovvero la inviano senza essere retribuiti subito, ma solamente quando la mafia italiana aveva, precedentemente, promesso di pagarli“. Riguardo a un’ipotesi secondo cui i grandi traffici di cocaina venissero combattuti dallo Stato argentino, il giornalista ha detto: “Sono convinto che la mafia perderebbe e di conseguenza perderebbe un sacco di soldi. I capi della mafia argentina, sfortunatamente sono italiani non argentini, quindi se il governo Macri volesse sconfiggere la mafia deve prima sconfiggere la ‘Ndrangheta. Se questo dovesse succedere vincerebbe lo Stato, magari con numerose perdite ma vincerebbe. Il problema è che alcuni uomini di Stato non vogliono averne a che fare con questa ipotesi di contrasto alla criminalità organizzata perché è più facile prendere ingenti quantità di denaro che possono assicurare un futuro che mettersi contro di loro. Siamo deboli, peccatori e corruttori. E’ difficile rinunciare a un’offerta che un’organizzazione grande come la ‘Ndrangheta può offrire a un Presidente, un ministro piuttosto che a un funzionario“.

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